Responsabilità medica, l’assicurazione non può richiamare la clausola ‘claims made’
La terza sezione civile della Cassazione ‘boccia’ le ‘claims made’ inserite in un contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato da aziende ospedaliere. La Suprema Corte si è pronunciata sul caso di un cittadino che aveva citato in giudizio l’azienda ospedaliera ‘Fatebenefratelli e Oftalmico’ di Milano (oggi trasformata in ‘Azienda socio-sanitaria territoriale Fatebenefratelli Sacco’) chiedendo il risarcimento dei danni patiti a seguito di un intervento chirurgico, a suo dire non eseguito correttamente. L’azienda sanitaria, dunque, aveva chiamato in causa il proprio assicuratore, la Fondiaria-Sai (oggi UnipolSai), che, invece, aveva richiamato la “clausola claims made”, ossia rilevato come il contratto stipulato escludesse la garanzia per eventuali fatti illeciti commessi dall’assicurato, se la richiesta di risarcimento fosse pervenuta successivamente alla scadenza del periodo di assicurazione indicato nella polizza. Nel caso in esame, aveva sostenuto la compagnia assicuratrice, il danneggiato aveva avanzato per la prima volta la sua richiesta di indennizzo all’ospedale dopo la scadenza della polizza, e, per effetto della clausola, l’indennizzo non era dovuto. La Corte d’appello di Milano aveva accolto il ricorso dell’azienda ospedaliera e condannato l’assicurazione a versare l’indennizzo: la Cassazione ha confermato tale decisione, sancendo il principio di diritto secondo cui “la clausola claims made, inserita in un contratto di assicurazione della responsabilita’ civile stipulato da un’azienda ospedaliera per effetto della quale la copertura esclusiva e’ prestata solo se tanto il danno causato dall’assicurato, quanto la richiesta di risarcimento formulata dal terzo, avvengano nel periodo di durata dell’assicurazione, e’ un patto atipico immeritevole di tutela”, in quanto “realizza un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell’assicuratore e pone l’assicurato in una condizione di indeterminata e non contrallabile soggezione”.