Bebè indesiderato, negato l’indennizzo al papà che non si è ‘cautelato’

Bebè indesiderato, negato l’indennizzo al papà che non si è ‘cautelato’

Roma. Senza successo un uomo della Napoli ‘bene’ ha citato in giudizio per risarcimento danni, arrivando fino in Cassazione, una partner ‘occasionale’ appartenente al suo ambiente sociale dalla quale aveva avuto un figlio in seguito ad un unico rapporto sessuale consumato senza alcuna precauzione in quanto la donna lo aveva rassicurato sulla mancanza di ‘rischi’ dicendogli che non era nel periodo fertile. Ad avviso dei supremi giudici, “condivisibilmente” la Corte di Appello di Napoli ha negato all’uomo, ‘padre suo malgrado’ il diritto ad essere risarcito dei “danni a lui derivati dalla nascita indesiderata” sottolineando che dato che era “portatore di un così forte e intenso desiderio di non procreare, avrebbe dovuto adottare sicure misure precauzionali”, e “non facendolo” si è assunto “il rischio delle conseguenze”. Il protagonista di questa ‘ignara’ paternita’, ha invocato i principi di “correttezza e buona fede” che devono improntare i rapporti uomo-donna e poi anche lo Stato “che garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile”. Sul punto, la Cassazione ha replicato che tale diritto, come “diritto pubblico”, è garantito dallo Stato, ma “non come obbligo del partner” Venendo alle presunte regole del ‘fair play’ tra sessi – alle quali si era affidato il gentiluomo partenopeo – secondo la Cassazione, “non e’ configurabile” alcuna ipotesi di reato a carico della donna che ‘mente’ sui periodi ‘fertili’ in quanto, al massimo, “potrebbe semmai integrarsi, se uno degli esecutori dell’atto sessuale ha costretto l’altro ad adottare o a non adottare mezzi che incidono su tale potenzialita’ procreativa, il reato di violenza privata” che pero’ “si commette appunto con ‘violenza o minaccia’, e non con una eventuale menzogna”. Dal punto di vista generale del risarcimento dei danni (esistenziali o patrimoniali), la Cassazione avverte che un rapporto sessuale tra due persone consenzienti non è in alcun modo “assimilabile” ad un “rapporto contrattuale” nel quale sia previsto “l’obbligo di ciascuno di informare l’altro del suo stato di fertilita’ o meno”. “Al contrario, – prosegue il verdetto – cio’ rientra a ben guardare, nel diritto alla riservatezza della persona che e’ invece, senza dubbio, tutelato dall’ordinamento”. Dunque, mentire al partner od omettere di informarlo sul rischio di generare figli, non e’ un reato penale e nemmeno un illecito civile e a nulla serve, come nel caso in questione, lamentarsi di “aver avuto la vita sconvolta” dalla nascita del figlio non generato “consapevolmente” e che sarebbe di impaccio per “costruire una famiglia regolare perche’ le successive compagne non vi sarebbero disposte per l’esistenza di tale bambino”. Se non volevi discendenza, potevi pensarci prima, dicono i supremi giudici. “Una persona che è in grado di svolgere un atto sessuale completo, infatti, – afferma la sentenza 10906 – non può, alla luce del notorio, ignorare l’esistenza di mezzi contraccettivi, il cui reperimento e utilizzo sono di tale agevolezza che non possono non essere ascritti alla ‘ordinaria diligenza’ per chi, appunto, in quel determinato caso intende esclusivamente soddisfare un suo desiderio sessuale e non vuole invece avvalersi delle sue potenzialità generative”. Respinto il ricorso dell’uomo ‘ingannato’ con tanto di condanna a pagare dodicimila euro per le spese legali sostenute dalla madre ‘occasionale’.

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